Prof. Gianni Dunil

La spiritualità dell’Oltre

a cura del Prof. Gianni Dunil

Federica Oddone, in arte Feofeo, immette la propria ricerca nella millenaria esperienza di interpretazione dell’esistenza. Come pittrice, vi entra seguendo l’orizzonte segnato dai padri dell’astrazione novecentesca: Kandinskij, Malevic, Kupka, Mondrian in particolare, hanno trovato nella teosofia spunti fondamentali.

È stata proprio la teosofia a instaurare un legame diretto tra la singola persona e le leggi che governano il mondo: in quel microcosmo che è l’individualità, vivono le medesime dinamiche che soprassiedono al macrocosmo, ovvero che muovono l’universo. Inoltre, la dottrina si è nutrita della possibilità di attingere al portato intellettuale che le diverse culture, religioni e società hanno lasciato in dono al presente come chiave che apre alle verità profonde. Difatti gli artisti sopra citati hanno rinnovato la loro visione stimolati da tali principi, hanno volto lo sguardo dentro di sé, e al termine di un lungo sperimentare vi hanno trovato un linguaggio inedito.

Così Feofeo torna a studiare Rudolf Steiner e Goethe che ne è alla base, la teoria dei colori e dei loro valori simbolici; si è aperta alle filosofie orientali e alle radici greche ed ebraiche che hanno proseguito nella cultura occidentale e nel cristianesimo. Tutto è svolto con la certezza che nella propria pittura si stiano segnando le tappe di un percorso finalizzato a un senso più alto, assoluto. È secondo tale panorama di idee che nel corpus della Nostra si trovano quadri riunibili dal punto di vista tematico, o per la metodologia operativa messa in gioco: la serialità è prova di riflessione intellettuale, svolgimento del soggetto nei suoi aspetti concettuali.

Il supporto, che sia tela o juta, diviene campo sterrato in cui costruire la via personale; il colore è lo strumento che ne definisce il tracciato, trasmutando da elemento inerte a immagine carica di significati. Si verifichi ciò tramite alcuni esempi. Dentro “La Grande Opera” sono riuniti lavori dai ritmi concitati. Il proliferare di segni e varietà di stesure degli stessi crea vortici energetici completamente astratti. Nella tessitura materica possono anche imporsi simboli come il tajitu: esso unisce lo yin e lo yang, ricomponendo i dualismi alla base della realtà. In “Al di Là” si trova la rappresentazione dei sette chakra principali, ognuno con un quadro dedicato.

È di particolare interesse la modalità operativa da cui la Nostra ottiene la loro immagine astratta: sette sono sia gli strati che le ripetizioni dei colori, così che il valore di universalità ed equilibrio di cui tale numero è dotato incardina il procedimento creativo nella sua totalità, dall’idea di partenza all’aspetto finale. Ogni chakra è connesso a un determinato tono cromatico che domina la composizione, dal rosso al blu fino al giallo, inoltre tocchi argentei significano i chakra intermedi, che in tal modo trovano uno spazio nella serie per la loro subordinazione; dei chakra maggiori sono presenti anche i simboli geometrici, ma velati a un primo sguardo del campo colorato. La materia pittorica di Feofeo racconta sempre più di ciò che sembra, nascondendo in filigrana la completezza del messaggio e invitando l’osservatore a una riflessione profonda.

Un insieme di lavori più vicini nel tempo introducono alla sua ultima produzione. Quadri come Il Calice e la Lama e Quatre de Chiffre stendono sul supporto una campitura del fondale priva di perturbazioni, una spazialità dall’ampio respiro con presenze icastiche, una bruciatura che origina quella scrittura fondamentale per l’ordito pittorico. Tutto ciò ritorna nel progetto ghematrico del 2023.

Quest’ultimo si compone di una serie di tele che estrinsecano visivamente la plurisecolare attività di interpretazione dei testi sacri ebraici, e quindi del mondo in quanto creazione divina. La ghematria connette l’alfabeto ai numeri, dando all’uomo gli strumenti per penetrare le verità profonde: nella lettura le singole parole si relazionano in una sequenza non casuale, ma pregna di significati travalicanti quello letterale, a cui si arriva attraverso le combinazioni matematiche risultanti. L’Origine è il primo lavoro della serie; in esso è racchiusa la totalità dell’esistenza, ciò da cui tutto comincia e trova fine per una rinascita. La circolarità esistenziale diviene struttura geometrica del quadro, ordinando il susseguirsi delle lettere ebraiche affiancate dal numero corrispondente. Le prime risultano chiare, nitide; sono così caratterizzate in quanto aspetto visivo del testo, dalla lettura immediata. Il numero è ottenuto tramite la bruciatura sopra citata, pregna di tutto il valore rigenerativo e catartico del fuoco.

È un marchio scuro che determina la controparte del codice linguistico, la connessione che salta alla nostra mente, il termine che completa il binomio dal quale si inaugura il superamento delle apparenze verso le dinamiche che le governano. Da lì nascono le tele successive, dove i singoli dualismi divengono alternativamente gli unici protagonisti. Essi si impongono in un campo pittorico monocromatico, differenziato soltanto per le variazioni sul chiaro e scuro entro il medesimo tono, e per le modificazioni della tessitura. In alcuni casi le coppie possono essere affiancate ad un’altra fino ad esaurire la presentazione di questi tasselli di base. La sequenza delle opere serve così a presentare i punti fermi attraverso cui si potrà risalire alle leggi spirituali.

Scorrendo il percorso artistico di Feofeo si viene condotti in plurime direzioni, tramite salti culturali che hanno distrutto ogni barriera spazio-temporale.

Nell’ampiezza del sapere umano, la Nostra ha la forza di non uscirne disorientata e la capacità di scongiurare il dilavamento della propria carica espressiva nelle sterminate sedimentazioni del pensiero. Coerentemente all’assolutezza che ricerca, riesce a coltivare una concentrazione personale che lega a sé passato e presente, rilanciandosi nel futuro individuale e collettivo.

Roma, Ottobre 2023.

Gianni Duni | Critico e curatore d’arte

Dott.ssa Raffaella A. Caruso

Faber est suae quisque fortunae

di Raffaella A. Caruso

L’incipit della ricerca di Feofeo -che nasce come percorso di meditazione introspettiva- è una costante indagine sul colore, sulle sue frequenze a livello visivo, fisico e simbolico: una sorta di stargate emozionale in grado di aprirsi a consonanze emotive con lo spettatore, e che inizialmente costruito solo di pigmenti si concretizza ora nell’uso di segni e simboli, concentrandosi in rappresentazioni primordiali archetipiche, anche avvalendosi del potere segnico e sonoro della scrittura.

Ciclo dopo ciclo l’artista crea una personalissima grammatica strutturata antroposoficamente che invita la spettatore a entrare per poi lasciare fluire liberamente quell’energia vitale che è l’emozione, in un continuo scambio tra identità ed alterità, tra individuale e duale, tra micro e macro-cosmo, nell’affermazione della funzione di mediazione dell’arte tra Io e Natura.

Un percorso che trova la propria decisa via nel ciclo Et in Arcadia Ego con cui l’Artista indaga il potere immenso dell’Uomo e il regalo magico che gli è stato concesso di vibrare in maniera unisona alle forze dell’Universo. Simbolo dopo simbolo vengono indagati la terra e il cielo, il sopra e il sotto, il cerchio e il quadrato, l’hortus conclusus e l’infinito, nella consapevole forza che il tutto è in sé, perché il recinto è sacro e il corpo è Tempio.

La modulazione del colore diventa così via via più rarefatta, sottile e ambigua, lascia al simbolo la funzione di protagonista, per aprire poi la tela con lettere marchiate con il fuoco e aperte alla Luce.

Variabile indipendente il Tempo: impossibile per l’uomo non tenerne conto e l’Autrice introduce una riflessione sulle sue corrette interpretazioni.

La terra trascina nella sabbia il tempo della Storia, Chronos, il tempo degli uomini, l’alfa e omega, inizio e fine necessaria; la ricorrenza dei simboli riflette il tempo circolare, Aion, l’eterno ritorno; la terza dimensione con l’apparire della luce è Kairos, il tempo dell’imprevisto, la provvidenza, il caso.

L’azione fisica di incidere il territorio/tela esprime prepotente in Feofeo la possibilità nonostante tutto di progettare il futuro, di indicare possibili via alternative, di deviare il Destino, faber est suae quisque fortunae.

Torino, Luglio 2019.

Raffaella A. Caruso | Critico e curatore d’arte

Dott. Alain Chivilò
Guha

di Alain Chivilò

                                                                                        “.. Amo i colori, tempi di un anelito inquieto, irrisolvibile, vitale,

                                                                                                        spiegazione umilissima e sovrana dei cosmici perché del mio respiro ..”

                                                                                                                                         Alda Merini, 22/12/1949, da “La presenza di Orfeo”

 

Se fosse possibile definire l’agire della pittrice Federica Oddone, in arte Feofeo, attraverso alcuni sostantivi, indubbiamente i termini vitalità, emozione, musica e colore rappresentano solide fondamenta dalle quali tutto si dipana concettualmente e filosoficamente. Esse, nell’apparente semplicità, racchiudono un universo complesso difficilmente esplicabile in un’univoca soluzione.

Le opere di Feofeo, se esaminate singolarmente, raccontano impressioni e momenti di vita sublimati a possibili interpretazioni riferite ai molteplici “perché” quotidiani, partendo proprio dall’incipit della poetessa Alda Merini.

L’indagine artistica di Feofeo che ne consegue, asseconda una nozione derivante dalla fotografia in cui se la realtà prende forza grazie al bianco e nero, il mondo vive all’interno di toni infiniti. Quest’aspetto, indicato proprio dalla pittrice nel motto “io sono colore”, diventa logica conseguenza per evidenziare uno dei suoi principali punti focali.

Il mondo cromatico manifesta, come in Vasilij Kandinskij, “.. un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’anima ..”. Di conseguenza, affinché essa possa palpitare è necessario che l’artista sia una mano sensibile atta a coordinare il pianoforte, in questo caso l’anima, con l’ausilio di colori e occhi vivi, ossia i tasti e i meccanici martelletti dello strumento che producono la sonorità desiderata.

La magica sinergia tra tonalità e musica, come da evidente affinità elettiva con il padre della pittura astratta, porta Feofeo a delineare teoricamente pensieri artistici sempre viventi all’interno di frequenze armoniche suddivise tra forme, colori e musicalità.

Nella contemporaneità dunque, la pittrice idea, pensa e crea significati e risposte artistiche per mezzo di questi tre flussi pieni di energia.

Nelle sue opere si nota e si percepisce un rimando alla circolarità, tra linea e segno, che assume valenza di esplicita interpretazione e applicazione nei Chakra, centri di energia utili a generare un’arte ricca di emozione, spirito e intelletto. L’intensità di questi punti, situati nel corpo umano, in associazione a cromie quali rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e viola assumono per Feofeo veri e propri punti nodali, dai quali partono disamine utilizzate a sprigionare un personale linguaggio artistico su tali complessità contemplative: elementi primari che originano semplicemente creazione, dunque, vita.

Le sue opere, pur partendo e sottintendendo un mondo terreno e organico, si elevano da rimandi pseudo figurativi per vibrare in essenze e astrazioni spirituali.

Musica, colore e forme sono delle entità sinergiche, in cui qualsiasi tratto o linea attraversante il loro spazio non incide nella generazione di energia positiva.

Laddove i titoli forniti dalla pittrice possano racchiudere un possibile significato con parole quali Armonia, Eternità, Fibonacci, Didgeridoo, Sol leone, Sogno, Tempo, Pace, Idea, Magia, Rem, Codice, Essenza, Nettuno, Avalon, Gravitazione, Estasi, Canto, Paradosso e Tempo, tutto diviene impalpabile per connessioni visive e mentali tendenti allo spazio, quindi all’infinito.

L’arte di Feofeo, lungi da una mera cromoterapia, si muove semplicemente e delicatamente in sinfonie di musica e rapporti di tono che interferiscono positivamente nel creato.

Le sue astrazioni, connettono a 432 Hz l’effimera umanità terrestre verso indefiniti, lirici e onirici aneliti, consentendo al limite percettivo temporale di essere superato da piani dimensionali ancora sconosciuti. Lo stesso eco figurativo, spesso percepito nei suoi lavori, esce in modo coloristico dalla realtà a favore di una continua ricerca dell’io umano, sempre in bilico tra conoscenza e sua negazione.

L’artista piemontese dimostra appieno come il mondo astratto/informale, grazie alla personale interpretazione, riesca a fornire addizionali vie espressive all’interno delle belle arti.

Feofeo, attraverso quest’approccio, cerca di approfondire le sue pluriennali ricerche introducendo ulteriori concettualità.

A dimostrazione di questo iter il tema esoterico entra sempre di più all’interno delle sue tele arricchendosi di essenze arcane. Disamine appartenenti al Priorato di Sion, ai Templari fino alle tesi del filosofo René Guénon valorizzano maggiormente la sua pittura.

Riprendendo l’analisi dell’intellettuale francese, l’essenza spirituale ora chiusa da un forte approccio material-sentimentale deve o quantomeno dovrebbe auspicare alla rinascita, evidenziando nell’essere umano una nuova forma di veridicità.

D’altro canto, come non considerare che la teologia fin qui conosciuta, a sua volta, vive lungo una narrazione messa in discussione da un’aggiuntiva via esplicativa realistica alla nostra esistenza.

Siamo di fronte, dunque, a un universo complesso ma soprattutto costituito da molte simbologie che diventano fonte per un’originale rappresentazione pittorica.

Il presente ciclo, dipinto tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, ruota su una dicitura che esplicita studi e spiegazioni che non hanno ancora trovato un’univoca decodificazione: ET IN ARCADIA EGO.

Una scritta che, racchiudendo ermetici fondamenti celati da millenni alla spiegazione umana, contraddistingue le opere di questo periodo attraverso una marchiatura a fuoco per singole lettere, senza ricorrere a un formato precostituito: un titolo che da inizio a un iter creativo intriso di mistero.

Già nella stessa tecnica dell’impressione si denota come l’utilizzo di uno dei quattro elementi da parte dell’artista, il fuoco, esprima un emblema atto a indicare l’origine e lo stato della materia sul piano fisico, ma soprattutto il principio vitale che esso stesso contiene.

L’iscrizione, oltre a contraddistinguere l’attuale percorso, si connota di ulteriori strutturazioni concettuali, grazie all’inserimento nella composizione artistica di simboli derivanti dalla Scienza Sacra. Si evidenzia dunque un nuovo messaggio per indicare altre tematiche alla sua poetica.

Nulla dunque è lasciato alla casualità in quanto Feofeo, intellettualmente e filosoficamente, consente ai suoi lavori di essere personificazione artistica e metafora di profonde nozioni dall’inequivocabile rappresentazione, ma dalla molteplice esplicazione.

Il mondo astratto che l’artista rappresenta è articolato e vasto, ma determina nell’osservatore che si pone innanzi un’apertura mentale verso quei perché ancora inesplorati.

L’abstractio si trasforma in forma lirica evolvendosi eruditamente verso una recondita percezione sottintesa tra mistero, ignoto e tangibilità.

A dimostrazione di questo iter, ulteriori percorsi artistici di pittori quali il Guercino e Nicolas Pousin sono logiche comprove di analisi.

Le sue opere attuano nell’osservatore flussi incessanti di processi mentali, tramite sinergiche forme d’energia segmentate tra colori, parole marchiate e antiche raffigurazioni. Ecco che le sue creazioni non sono altro che un linguaggio che si genera visivamente in differenti poetiche, poiché l’arte di Feofeo trae la sua forza nel saper coniugare tradizione e contemporaneità, utilizzando simbologie dal significato profondo ma soprattutto eterne, per un ritorno che non prevede un punto finale di arrivo.

I suoi quadri, come ipotetici wormhole, appartengono a universi paralleli dell’anima perché ogni nuovo mattino, parafrasando lo scrittore Cesare Pavese, la pittrice Feofeo uscendo nella realtà quotidiana cerca e rincorre, tra passato e presente, specifiche situazioni che possano essere semplicemente spirito, valore, cromia e musica.

Prof. Alain Chivilò | Critico e curatore d’arte

Prof. Giovanni Faccenda

Il rispecchiamento di sé nella pittura

Ci si serve dei colori,

ma si dipinge con il sentimento.

Jean Siméon Chardin

Dipingere senza soggetto, se non prestando ascolto a quanto di più remoto abiti il proprio universo interiore, è itinerario di scavo complesso non meno della rappresentazione di un volto, un paesaggio, un gruppo di oggetti o frutti ordinati, oppure no, su un tavolo. Andando oltre gli abituali e sommari codici interpretativi, infatti, figurazione e astrazione risultano al solito ambiti alquanto vaghi e imprecisati, forieri di discussioni infinite: l’argomento principale, in realtà, dovrebbe rimanere la pittura, quale genere di spessore la caratterizzi e, infine, i significati e le peculiarità che vi collimino.

All’interno del panorama artistico contemporaneo, l’originale figura di Federica Oddone – alias Feofeo – risalta per merito di una identità raggiunta sfuggendo a mode e omologazioni, nel progressivo consolidamento di un percorso espressivo sospeso fra abbandoni intimi (Serendipity, Albatros, Il pianto delle anime) e raffinate meditazioni intellettuali (La porta di Ishtar, il ciclo dei Sette Chakra).

Pittrice dotata di una cospicua capacità introspettiva e di una sensibilità che indovini accentuata da riflessi memoriali indelebili (Déjà-vu, Dentro di me… l’abisso, L’altra faccia del male), Feofeo affida alla materia e al colore gli esiti di un coinvolgimento sentimentale sempre tonico, suscitato, com’è, da feconde percezioni sensoriali e invitanti spunti immaginifici (Sabbia di Siria, Al di là del suono, Non solo cerchi nel grano). Ne conseguono accordi cromatici in grado di realizzare fisicamente mutevoli stati d’animo (Il giorno del giudizio, Il canto del cigno), che scandiscono un impianto pittorico colmo di arcane trepidazioni e nascosti trasalimenti (L’essenza di un fiore), la vampa che ispira Feofeo sotto la cenere di una realtà che evapora senza lasciare traccia e, dunque, nessuna consolante certezza (Il paradosso).

Il pennello, a un tratto, diventa il bisturi con il quale Feofeo fruga dentro se stessa (Il viaggio), alla ricerca di luci occultate nell’ombra, semi da far germogliare, indizi da cogliere e poi sviluppare in quelle stesure rigogliose di materia informe (Senza fiato, Il luogo delle idee, Contingenze), ove compenetrare verità ancestrali e misteriose, il senso di una indagine incessante, che acquista, nel dispiegamento eloquente dei propri ordini etici ed estetici, profondità lirica, valore emblematico (L’apocalisse, Il cerchio della vita, Orchidea selvaggia).

Vi resiste un’urgenza mai appagata, che trova appunto nella pittura territorio di libera espressione. Guardi, allora, la consistenza ricercata delle differenti campiture di colore, nelle quali echeggia, con voce cavernosa, un toccante sostrato umano (Sangue e arena, Golgota, Diseguaglianze), e immediatamente avverti la temperatura emotiva di un’artista desiderosa di spingersi oltre la soglia della propria mente, là dove insistono percorsi e prospettive irrinunciabili e i sogni migliori restano quelli ad occhi aperti (Alice nel paese delle meraviglie).

Così, la matassa da dipanare, ogni volta che l’ispirazione richiama Feofeo all’impegno prediletto, assurge a pretesto vitale, si trasforma in un meraviglioso viatico nel quale ritrovare il perduto incanto di bagliori sibillini, continuamente ardenti (Il senso universale della pace): cromie, quelle, come note di uno spartito musicale o lettere di uno sconosciuto alfabeto, che ora gelano ora arroventano, lasciando sempre, nella mente e nell’anima dello spettatore, il riverbero subliminale di un coinvolgimento affascinante e totale.

Prof. Giovanni Faccenda

Dott.ssa Anthea Notarangelo

“In arte nulla è frutto della pura volontà: tutto avviene con la docile sottomissione all’apporto dell’inconscio”.

( Odilon Redon)

La vita è un’eterna corsa alla ricerca della Verità.

Non vi è  uomo che non ricerchi il perché delle cose; la domanda è implicita e necessaria, la risposta si sublima in diverse sfumature, dimensioni, colori, forme, vite.

Federica Oddone, alias Feofeo con la sua estrema sensibilità e la sua forza introspettiva unite ad un attento ed acuto studio scientifico e fisico,  trova la verità ogni qual volta , nella sua solitudine ascetica  tra le dolci ma decise note di Wagner, del Vivaldi o di Bach, poggia il suo pennello su una tela e si lascia guidare dall’istinto, dal movimento , dalle ragioni che si palesano ed emergono dalle stanze remote dell’inconscio fino alle membra, alle dita affusolate e fin su la tela.

Feofeo diviene, citando essa stessa “ contenitore multidimensionale creato dalla forma pensiero divina” e trasmette a noi l’universo delle forme che inconsciamente viviamo ogni giorno. 

La nostra coscienza disintegrata raggiunge l’unità originaria del tutto attraverso l’unione di arte, musica e  scienza .

Prendendo in esame la suggestiva opera esposta alla Basilica dei quattro Santi coronati , L’Eterno Errare dell’Uomo, ci rendiamo conto di cosa possa voler dire il concetto di Eternità e di come l’eterno errare dell’uomo sia una corsa continua alla ricerca della Veritas.

Basti guardare attentamente l’opera, l’utilizzo del fondo  celeste  marino con sprazzi di  blu lapislazzulo sta ad indicare la dimensione divina; il blu lapislazzulo era un colore molto pregiato e veniva  utilizzato in epoca medioevale e rinascimentale per i preziosi codici miniati o per decorazioni sacre, in particolare  si utilizzava per dipingere il velo della Vergine Maria, un colore che attraverso la sua intensità trasmette Eternità, bellezza armonica e misticismo.

Su tale sfondo intenso e percettivo, la nostra artista, elenca in posizione trasversale delle coroncine di spine, a leggere come un bassorilievo  ma esplosive nella forma e nel significato. Spicca l’utilizzo del giallo che richiama il dorato delle corone regali o sacre,  in contrasto però con la forma moderna , aguzzina e sfuggente.

La dimensione divina del messaggio che l’artista vuole darci è tradotta, ancora una volta, dal colore, mezzo privilegiato di Feofeo; attraverso il colore l’artista raggiunge l’unità , al colore trasmette il suo messaggio, il non figurativo traduce la propria figuratività. 

Osservando il lodevole  repertorio di Federica Oddone mi pare che miri al raggungimento delle porte della Percezione di cui ci parla Blake:  “Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite”.

Risoluta ma sensibile, passionale e acuta Feofeo non appartiene ad alcuna schiera, corrente o etichetta; è un’autodidatta che studia la scienza e la dimensione umana, oserei definirla una visionaria metafisica.

Il suo eterno vagare nelle metamorfosi pittoriche, nelle infinite combinazioni cromatiche,  riflette l’eterno vagare dell’uomo, costretto ad una vita terrena e per questo imperfetta ma ciò che lo contraddistingue e che rende la propria vita cosciente e concreta è la ricerca della Verità : questo è ciò che io ho visto e mi auguro venga compreso e condiviso in L’Eterno errare dell’Uomo.

Dott.ssa Anthea  Notarangelo

Prof. Paolo Levi

Osservando le pagine pittoriche di Feofeo, abbiamo la possibilità di essere coinvolti da una sperimentazione informale dal notevole talento esecutivo.

La nostra raffinata artista nulla lascia al caso.

La sua ricerca da un lato pare essere fuori dal tempo e dalla storia, dall’altro è portatrice di un messaggio attinente a emozioni interiori che affondano nella coscienza del quotidiano.

La sua sensibilità non è poi così lontana dal rapporto pittura e musica, i suoi sono quadri simili a uno spartito in cui è presente la timbricità, il contrappunto.

Ci si avvede dunque della necessità da parte dell’autrice di trasmettere, tramite la forza suadente di una tavolozza ben meditata, la rivelazione di un tessuto pittorico ben collegabile alla sinfonia.

Solo in apparenza la pittrice guarda all’action painting statunitense, in verità la sua poetica è collegabile alle tensioni informali dei maestri dell’arte italiana del secondo dopoguerra.

Prof. Paolo Levi

Prof.ssa Giulia Sillato

Con il nome reale di Federica Oddone, Feofeo nasce con spiccate capacità creative e forte attitudine alla pittura.

Sperimenta subito, sin da bambina, l’uso del colore, divertendosi in decorazioni pittoriche.

Successivamente cercherà di indagare non soltanto nei contenuti artisticamente esprimibili, ma soprattutto tra i mezzi per esprimerli, quindi tecniche e materiali.

Cerca di individuare il simbolo visivo come mezzo di comunicazione tra anime.

La lunga sperimentazione la induce a eliminare il tratto figurato per dar luce alla sfumatura del colore in modo che essa esprima differenti vibrazioni.

Dagli studi sulla fisica quantistica, uniti alle nozioni sulla teoria del colore di Goethe, e successivamente di Stainer, l’artista approda a nuove rappresentazioni: archetipi primordiali, linee cinetiche di energia radiante, spirali auree (da Fibonacci).

La correlazione tra pittura e studi alchemici viene riconosciuta da molti critici. La sua ricerca artistica si orienta verso la profondità di coscienza, dischiudendo così infinite possibilità di interpretazione e di percezione.

La tela è l’espressione dell’anelito a una dimensione interiore complessa e stupefacente, dove tutto si ripete all’infinito (da Mandelbrot) nel micro e nel macro cosmo, come sopra, così sotto (da Ermete Trimegisto).

Molto apprezzata da critici e gallerie d’arte, realizza diverse mostre in Italia e all’estero, in spazi privati e pubblici tra i più prestigiosi. Non possono mancare premi e riconoscimenti di rilievo.

Prof.ssa Giulia Sillato

Dott.ssa Claudia Baldi

La pittura di Feofeo nasce dal cuore, è espressione di una creatività istintiva, diretta, vissuta come necessità interiore.

Il centro di questa personale ricerca è il colore: una sperimentazione continua dove l’inserimento di materiali diversi, l’utilizzo di tecniche come il “dripping” o il “frattage” evidenziano un percorso attivo ed in continua evoluzione.

Una solarità intensa emerge dalle tele dell’artista che talvolta si esprime attraverso i toni di una melodia delicata, armoniosa, altre volte segue i ritmi incalzanti dettati da una prorompente gestualità.

La pittura di Feofeo nasce dal cuore, è espressione di una creatività istintiva, diretta, vissuta come necessità interiore.

Il centro di questa personale ricerca è il colore: una sperimentazione continua dove l’inserimento di materiali diversi, l’utilizzo di tecniche come il “dripping” o il “frattage” evidenziano un percorso attivo ed in continua evoluzione.

Una solarità intensa emerge dalle tele dell’artista che talvolta si esprime attraverso i toni di una melodia delicata, armoniosa, altre volte segue i ritmi incalzanti dettati da una prorompente gestualità.

Dott.ssa Claudia Baldi

Dott.ssa Marta Lock

Feofeo, battiti colorati dell’anima

Si viene letteralmente catapultati dentro un mondo di emozioni non appena ci si avvicina a un dipinto di Feofeo, artista piemontese che fa vibrare il mondo con in suoi colori; sì perché i suoi lavori non sono pure e semplici espressioni della creatività bensì entità che vivono di vita propria, momenti pulsanti di esistenza che riescono a toccare le corde più profonde di chi osserva il quadro.

Attraverso la tela lei riesce a comunicare e sublimare ciò che molto, troppo spesso, l’essere umano tende a tenersi dentro, a nascondere e relegare in un angolo remoto dell’interiorità ciò che fa paura, ciò che costringerebbe a guardare le ferite, le intensità e le sensazioni più intime, quelle che si pensa di dover proteggere dal mondo esterno.

Ebbene, Feofeo invita a esternarle, liberandole con la semplicità e la consapevolezza che l’equilibrio può essere raggiunto solo guardando in faccia anche le proprie debolezze, prendendone atto e trasformandole nella forza che deriva dalla coscienza di ciò che si è.

L’interezza dell’essere umano, con le sue complicazioni, divengono il centro focale delle opere dell’artista astigiana, laddove le tonalità usate si fanno voce, a volte gridata a volte sussurrata, della vibrazione dell’anima che deve essere espressa, perché non può e non vuole essere trattenuta, e quindi si fonde con la tela che la accoglie senza trattenerla, a volte più liscia, a volte più ruvida quando la superficie scelta è la juta, diventa superficie riflettente di ciò che inevitabilmente arriva diretto alle note intime dell’osservatore. Il suo astrattismo si mescola con un simbolismo ad alcuni tratti quasi surrealista, dove quasi non esiste distinzione tra forma e colore eppure, di contro, il colore definisce ed esalta la forma, parti figurative di un racconto che inizia con l’immagine e termina con il titolo che funge da congiunzione tra ciò che l’emotività percepisce e ciò che la mente ha bisogno di chiarire.

Il percorso artistico di Feofeo è andato di pari passo con la sua evoluzione personale, una crescita emotiva e interiore che l’ha portata a sciogliere i propri nodi, liberarli e accoglierli come parte di una completezza che solo nella piena accettazione e consapevolezza può essere punto di equilibrio che dona serenità, solarità, capacità di emozionarsi.

Il traguardo personale si manifesta nei lavori in cui le sensazioni non sono urlate, graffiate o fatte uscire con rabbia, tutt’altro, sono delicatamente raccontate, sono espresse sottovoce perché l’artista ha sperimentato che sono proprio i toni più lievi a essere ascoltati con maggiore attenzione; anche le sensazioni più forti restano sempre all’interno di un equilibrio fondamentale ad accettarle senza farsene travolgere, a guardarle e prendere atto della loro esistenza senza esserne spaventati.

I colori usati in modo corale, cantano in base all’emozione che devono rappresentare: i viola e i rosa per descrivere l’anima, la sfera interiore, il mondo dei ricordi; i rossi per la passione, per la forza, per l’energia; i verdi per la serenità, per la transizione da un prima lasciato alle spalle e un adesso da vivere in accordo con l’equilibrio raggiunto; i sabbia e i gialli per la calma, la poesia, la sensazione soffice di serenità che può essere data da uno sguardo sul deserto, dalle parole delicate di un verso scritto; e i blu per descrivere la mente, la meditazione, il tentativo di spiegare i misteri dell’umanità che non possono essere svelati come il futuro, il senso della vita, il tassello mancante senza il quale il puzzle non può essere terminato.

Dott.ssa Marta Lock

Dott. Alberto Gross

Il pensiero praticato diviene visione simultanea, scaturigine e sviluppo di quanto vive della propria naturale essenza, sbriciolando ogni tipo di sovrastruttura o falsificazione d’immagine.

L’intero procedimento artistico di Feofeo genera una complessa trama di colore esposta in sintesi estrema, priva di restrizioni, senza mediazione alcuna: lo straniamento si produce in forma di ipotesi, erosione spazio-temporale, rottura e proseguimento di una consequenzialità logica, eversione di ogni ordine fisico e spirituale.

L’indeterminatezza asimmetrica prodotta dall’uso del colore diviene uno speciale tema lessicale, frase sincopata tra le cui righe possa leggersi il carattere centrale di un contesto intimo, personale tanto quanto collettivo ed universale. L’autenticamente soggettivo si produce allora come nient’altro che un’ulteriore forma di oggettivo: dilata le possibilità di rappresentazione esprimendo universalmente fenomeni che possono accadere soltanto nel cerchio di una data personalità.

Per questo il lavoro dell’artista può rivelarsi come alchemico, sia a livello visivo che semantico: alchimia è tutto quanto trasforma, conduce, traveste, introduce e depista, muta di sostanza e scinde, da uno sfondo magmatico ad uno lucido, oscuro e limpido insieme.

Attraverso la scomposizione e ricostruzione degli elementi primari del colore, Feofeo tende a confrontarsi con un tipo di arte liquida e biomorfa capace di modificarsi e modificare ad ogni singolo sguardo la percezione intera dell’immagine.

La forma è idea dinamica, ipotesi metafisica trasformatrice, in grado di prendere per mano il pensiero e trasportarlo oltre, avanti, entro il virtuosismo congelato della temporalità immobile.

Dott. Alberto Gross

Dott.ssa Anna Soricaro

Feofeo si avvale dell’astrazione perché ama librarsi e liberarsi in quella magia in cui toni e gestualità intrappolano l’artista; evitando la figurazione poiché tende a rappresentare quanto di grandioso già esiste, l’arte emancipata di Feofeo è un inno agli stati d’animo espressi da chi dipinge e da chi osserva.

Seduttrice di pensieri, l’artista consente che sulla tela i colori cambino così come si modificano le sensazioni in una grammatica artistica in cui non seguire le regole è la cardinalità e lasciarsi andare è il verbo preferito.

Dando un volto esteriore alle impressioni interiori, l’artista si immerge coscientemente nell’accadere quotidiano con profondo impegno, convinta che la pittura sia una via per l’animo.

Sensazione e osservazione si mescolano a sapere in una complessità intrisa di spiritualità, libertà, innovazione e futuro: questa è Feofeo, l’artista per cui le parole vacillano e la lucidità lascia il passo alle emozioni.

Dott.ssa Anna Soricaro

Dott. Vito Cracas

Ogni artista si manifesta sempre nella specificità del linguaggio con cui mostra la personale visione del mondo e il proprio rapporto con questo.

Feofeo sceglie un linguaggio ove la forma convenzionale è quasi del tutto assente,un astrattismo tutto suo, dove il colore e la materia diventano protagonisti esclusivi e mezzi privilegiati veicolanti messaggi.

In particolare, analizzando le sue opere,si nota il desiderio di intensificare con costante determinazione una voglia di sperimentazione , con cui soddisfare quella curiosità dell’intelletto propria dell’artista, capace di comunicare significati profondi con originalità.

Talvolta è la gestualità nello stendere il colore attraverso la tecnica del dripping, il mezzo con cui Feofeo esprime il senso di libertà interiore e di spontaneità , che spesso è assente nel mondo d’oggi.

Altre volte è l’assemblaggio di materiali diversi o la disposizione di linee di forza vagamente geometriche a suggerire nuove strade espressive.

Perdendo infatti le loro tradizionali connotazioni, gli elementi segnici e cromatici sono usati dall’artista per suggerire altri scenari emozionali, evocando intensi paesaggi dell’anima, tensioni interiori che nascono dalla spontaneità dei sentimenti.

Dott. Vito Cracas

Prof. Alfredo Pasolino

Appassionata di arte e letteratura, e di metafisica dell’onirico, applicata alla gnosi ermetica della visione, un’arte rigenerativa dell’uomo, rivelatrice dello spirito umano.

Maturata in studi sulla rotta dello spiritualismo teosofico e nella psicosintesi sulla natura intrinseca del pensiero, Feofeo esprime con una pittura astratto-informale i propri pensieri distillando dall’alambicco dell’anima come un Paracelso della trasmutazione.

Più che reinventare l’artista transustanzia la sua analisi, nella natura intrinseca vibrazionale del linguaggio funzionale del colore, in corpo e anima, sperimentatrice d’una particolare visione della materia intelligente, infinitesimale microuniverso fonte di aggregazioni di affinità, e di cosmogonie, di filosofie della verità ermetica in specularità riflettenti tra cosmo e macrocosmo, armoniche oscillazioni del colore, mantra e mandala energie del segno, meditativi rapporti tra colori e suoni arcani delle sfere celesti risonatrici.

Approdi ad una personale rivelazione transitiva, tesa al ri-sveglio della coscienza, formalizzata dalla visione colorista tributaria del suo stato d’animo indagatore, quale elemento primario della visione estetica e dell’io junghiano, formalizzante moduli splendenti filamenti coloristi, di luce soffusa e intrisa di messaggi dell’anima, che seducono, ce ne offrono spessori di colori intrisi di luce, per dinamizzare ogni forma-colore che la pervadono.

La sua è una concezione scientifica spirituale : sviluppo dell’arte e della coscienza vivente sperimentata attraverso l’anima.

Le sue danze e rapsodie cromatiche, armonie di linguaggi arabescati, atti a illuminare la scena di un immaginario comune, sono la poiesi di un bisogno di essenzialità, l’artista si aliena parzialmente dalla ragione, visualizzando così l’opera d’arte, un nuovo mondo capace di cambiare la realtà.

Prof. Alfredo Pasolino

Dott. Rino Cardone

Ci sono vari piani di ricerca estetica e stilistica nella pittura di Feofeo: evocativa di emozioni e di sentimenti profondi, oltre che di contenuti antroposofici che affiorano, sulla superficie del piano prospettico dell’opera, attraverso delle “vibranti” scelte cromatiche e attraverso delle forme geometriche, che risultano essere “pulsanti” nel senso dell’occupazione armonica dello spazio.

Si tratta, in ogni caso, di piani estetici e stilistici, in qualche modo, contigui tra loro, per scelta di temi trattati e per tecnica pittorica adottata.

E tra frammentazione di segni (su multipli numerici che è impossibile quantificare) e rigorose geometrie sferoidali (che rimandano all’ordine cosmico, che ci sovrasta) Feofeo sviluppa una pittura a carattere “mitopoietico” e “antropocentrico”: dove il mito è rappresentato da quell’immaginario astratto che gravita intorno all’idea che l’uomo si è fatto nel corso della storia sull’origine dell’universo e dove l’essere umano è posto al centro di esso; al centro, cioè, di un cosmo (popolato di astri e di stelle) in cui l’individuo si mostra come una sorta di micro/cosmo intellettivo e spirituale, capace anche di agire in senso creativo e fantastico.

Individuo che appare, altresì, in maniera compiuta (nel “mondo sensibile” dell’arte) attraverso le dimensioni espressive e “significanti” che sono tipiche del pensiero umano.

E che Feofeo traduce, nella sua pittura, in espressioni materiche e in segni, forme e graffiti di colore, di forte impatto immaginifico.

Dott. Rino Cardone

Dott. Salvatore Russo

Oltre l’immaginario collettivo – La Profetessa dell’Apocalisse

Confessioni che in Feofeo si trasformano in verità urlate Enigmi della psiche alla ricerca di nuove soluzioni. Sofferenze terrene che vanno ad incidere la superficie della tela.

Le opere dell’Artista divengono così la più fedele testimonianza di un lungo percorso di ricerca, che la sta conducendo a nuove realtà.

Realtà che possiamo rintracciare in quel pianto delle anime, costrette a vivere in un mondo in cui, il tribunale della vita emette le sue sentenze. Sentenze ingiuste. Sentenze che in alcuni casi si trasformano in pesanti macigni da portarsi dietro per l’intera esistenza.

Nelle composizioni visive di Feofeo assistiamo ad una vera e propria rivoluzione segnica. Danze cromatiche illuminare la scena.

Dilemmi di luce squarciare l’oscurità. Oltre dunque, l’immaginario collettivo, che ha nella figurazione delle origini il suo credo, nascono le confessioni materiche di Feofeo.

Apocalisse come rivelazione di realtà appartenenti a nuove sfere; sfere in cui l’armonia è data dalle geometrie che l’Artista ci propone.

Oltre la soglia troviamo il paese delle meraviglie, un vero e proprio paradiso celeste dominato dalla musica. Potremmo paragonare le composizioni di Feofeo ad un pentagramma musicale in cui la ritmica è data dalla cromia mentre le rime vengono dettate da un segno, capace di proiettare sulla tela i sentimenti dell’autrice.

Una pittura in cui il significante ha la stessa forza di un significato che va ricercato.

Il grande merito dell’Artista, è quello di presentare le sue argomentazioni visive con grande raffinatezza. All’aristocrazia della forma si lega la genialità di un istinto capace di analizzare, con una sintesi appropriata, il mondo circostante.

Un segno che dopo aver vagato nei musei della ragione, si aliena da essa, generando così la vera opera d’arte. Un’opera d’arte che non ha alcun bisogno di seguire sciocchi moralismi etici e una morale “pensante”.

Un’opera d’arte che non segue inutili scorciatoie concettuali che la condurrebbero sul sentiero della dimenticanza.

Un’opera d’arte che si aliena dall’oblio e giunge ai nostri occhi. Narrazioni materiche, quelle di Feofeo, destinate a fare la storia dell’Arte.

Narrazioni capaci di conquistare lo sguardo del critico più severo. Narrazioni che ancora una volta pongono al centro della loro riflessione l’Uomo.

Un uomo alla ricerca di un nuovo mondo; un mondo in cui l’ingiustizia terrena rimane solo un amaro ricordo.

La Profetessa dell’Apocalisse, così mi piace definire l’Artista. Una Profetessa capace, attraverso le sue rivelazioni, di cambiare l’ordine delle cose.

Armoniche visioni materiche

La mente ama l’ignoto. Ama le immagini il cui significato e sconosciuto, poiché il significato della mente stessa e sconosciuto. Voglio partire da questa citazione di Renè Magritte per spiegare l’operato artistico di Feofeo.

Le opere dell’Artista sono autentiche confessioni su tela. Testimonianze segniche e cromatiche dei pensieri della mente. Una mente che dopo aver esplorato i suoi meandri più nascosti, ne narra i suoi più intimi segreti, Verità alle volte inconfessabili che squarciano il velo di Maya e vengono a nuova luce.

Dalla profondità degli abissi nasce un pensiero pittorico caratterizzato da danzanti armonie materiche.

I guardiani della psiche, nelle opere di Feofeo, intraprendono la loro eterna battaglia contro i “decisori” dell’intelletto, il cui compito e quello di rivelare nuove profezie, Profezie che possono risiedere nell’oscurità, testimoniata dal pianto delle anime, oppure in arcobaleni di luce fatti di toni arancio e gialli radicati nella terra, rossi passionali, fino ad arrivare a toni più meditativi, narrati dai viola e dagli indaco e a quelli più spirituali, dei verdi e dei blu.

L’uso ripetuto delle reti, per l’Artista, ha un significato ben preciso.

Le reti in Feofeo rappresentano il subconscio, cioè quella parte meno razionale dell’essere umano che ha bisogno di soddisfare le proprie pulsioni, che secondo Freud, sono due, ovvero la libido (amore e sessualità) e la destrudo (aggressività e distruzione), questi bisogni però non possono essere soddisfatti in una società come la nostra.

Una società in cui prevale la morale e lo sciocco bigottismo di massa, il conscio si contrappone al subconscio in ogni modo, e la parte dell’ essere umano formata dalle regole, la parte etica e morale, che permette una giusta convivenza tra tutti gli individui.

In modo più preciso, Freud chiama il subconscio Ego o Io e il conscio Super Ego o Super Io.

Lo stesso Super Io in Feofeo e rappresentato dalla tela che si trova al di sotto delle reti.

L’uso frequente degli specchi ci testimonia la volontà dell’Artista di unire l’Io materico all’Io spirituale.

Con Feofeo siamo in presenza di un’Artista capace di elaborare una propria segnica.

Dallo stretto connubio tra il simbolismo visivo e la genialità del segno, nascono le sue composizioni materiche.

Composizioni “danzanti” che fluttuano liberamente nel mare magnum della psiche, fino a trovare nell’apparente caos la genialità del segno.

Un segno che, in Feofeo, diviene la più fedele testimonianza della grande complessità della mente umana.

Dott. Salvatore Russo